domenica 16 dicembre 2012

Carlo Levi – Il pane di Parigi, il pane di Matera. (opere 1923-1973)

Signora con cappello-1924-26

Torino - dal 15 dicembre 2012 al 15 marzo 2013
Carlo Levi – Il pane di Parigi, il pane di Matera. (opere 1923-1973)

FONDAZIONE GIORGIO AMENDOLA - ASSOCIAZIONE LUCANA IN PIEMONTE CARLO LEVI
Via Tollegno 52 (10154)
+39 0112482970 , +39 0112482970 (fax), +39 3482211208
fond.giorgioamendola@libero.it
www.fondazioneamendola.it


La mostra ha un’importanza storica fondamentale perché permette di seguire l’evoluzione artistica di Levi dal 1923, quando, a vent’anni, è ancora sotto l’influenza di Casorati, per passare alle influenze francesi della scuola di Parigi, assieme ai “Sei” dal 1927 al 1934, lo splendido periodo creativo del confino in Basilicata (1935-36), l’impegno sociale per il Mezzogiorno nel dopoguerra, che avrà il suo culmine nel libro “Cristo s’è fermato ad Eboli” e nel grande telero (m 3,20x18,50) “Lucania” che esporrà a Torino ad
Italia ’61
orario: lunedì-sabato ore 10-12, 15.30-19.00
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 15 dicembre 2012. ore 18
catalogo: in galleria. Cerabona Editore – Guido Sacerdoti, Loris Dadam, Giovanni Caserta
curatori: Loris DadamGuido Sacerdoti
autori: Carlo Levi
genere: arte contemporanea, personale

comunicato stampa 
Carlo Levi – Il pane di Parigi, il pane di Matera

Mostra

(opere 1923-1973)

Inaugurazione: sabato 15 dicembre 2012 ore 18.00
Luogo: Sale Espositive della Fondazione Giorgio Amendola e dell’Associazione Lucana Carlo Levi
Durata/orario: dal 15 dicembre 2012 al 15 marzo 2013 – lunedì-sabato ore 10-12, 15.30-19.00 (viste

guidate su prenotazione (tel+fax 011.248.29.70– 348.22.11.208- fond.giorgioamendola@libero.it)
Curatori: Loris Dadam, Guido Sacerdoti con la supervisione scientica di Michele Pio Roberto Saponaro.

Progetto e allestimento: Silvia Burzio.
Catalogo: Cerabona Editore – Guido Sacerdoti, Loris Dadam, Giovanni Caserta.
Patrocinio: Regione Piemonte, Regione Basilicata, Città di Torino, Comune di Missanello(Pz).

La Fondazione Giorgio Amendola, la Fondazione Carlo Levi di Roma e l’Associazione Lucana
Carlo Levi di Torino, dedicano una importante esposizione alla pittura di Carlo Levi, il grande intellettuale
torinese e cosmopolita che trova, in pochi mesi di confino, una ragione di lotta e di ispirazione artistica fra i
contadini della Lucania.
La mostra allinea 42 quadri ed è l’unica vera personale che si tiene a Torino dopo la scomparsa
del Maestro nel 1975. Frequenti le collettive dedicate ai “Sei di Torino” (Levi, Galante, Paulucci, Menzio,
Chessa e Boswell), di cui l’ultima "Gli anni di Parigi. Carlo levi e i fuoriusciti 1926-1933" del 2003, ma
una vera e propria esposizione dell’opera pittorica di Levi non c’è mai stata in città. Nel novembre 2002, per
il centenario della nascita, solo la nostra Fondazione aveva organizzato una personale delle opere grafiche
(circa 80).
La mostra ha un’importanza storica fondamentale perché permette di seguire l’evoluzione artistica
di Levi dal 1923, quando, a vent’anni, è ancora sotto l’influenza di Casorati, per passare alle influenze
francesi della scuola di Parigi, assieme ai “Sei” dal 1927 al 1934, lo splendido periodo creativo del confino
in Basilicata (1935-36), l’impegno sociale per il Mezzogiorno nel dopoguerra, che avrà il suo culmine nel
libro “Cristo s’è fermato ad Eboli” e nel grande telero (m 3,20x18,50) “Lucania” che esporrà a Torino ad
Italia ’61.
I visitatori della mostra hanno anche la possibilità di rivedere, dopo cinquant’anni, nelle sale della
Fondazione, perennemente esposta nella “Sala Levi”, questa grande opera, dove vengono riassunti trent’anni
di impegno culturale e politico a favore del Mezzogiorno d’Italia.
Le opere provenienti dalla Regione Basilicata, dalla Fondazione Levi di Roma, dal Comune di
Missanello e da collezionisti torinesi, coprono un arco di cinquant’anni e sono in gran parte inedite, in
particolare quelle giovanili ed alcune sono state sottoposte ad un accurato restauro.
Levi ha frequentato Casorati dal 1920 al 1926 ed impiegherà questo tempo (6 anni circa) per liberarsi
dalla sua influenza, per uscire dai labirinti, apparentemente razionalisti, del maestro per approdare ad una

personalissima forma di espressionismo pittorico, finchè troverà la sua strada definitiva nel 1932, con la
dirompente gestualità dell’Eroe Cinese.
Un percorso che passerà dall’iperrealismo di Signora con cappello e Natura morta su un foglio di ‘Il
becco giallo’ (1926) al gestualismo rembrandtiano del 1932, passando per le frequentazioni parigine (1927-
1933), che hanno prodotto delle opere assolutamente sperimentali (vedi in mostra: Paulucci e Madre
classica, profilo (1929), Daniel giovane seduto, Nicola Chiaromonte, Autoritratto a torso nudo, Caramelle
Baratti (1930), Aldo Garosci (1931), Torino, la Gran Madre di Dio,..) e che scarsa influenza hanno poi
avuto sulla sua grande pittura del confino, qui presente con sei opere molto significative: i paesaggi
Grassano come Gerusalemme (1935) e Paesaggio di Lucania (1936); il grande speculare Due uomini che si
spogliano (1935) e tre fantastici ritratti di Luisa Levi, La figlia scarmigliata della strega ed Il figlio del
dottore (1936).
E’ come ritrattista che Levi darà, in tutti i periodi della sua vita, il meglio di sé, perché è in questo
genere che si esprime la sua dote maggiore: cogliere il fenomeno nella sua fisicità, unica variabile in
movimento in un quadro dove la realtà è quella che è, non ha processi evolutivi: quella dei contadini di Levi
è rappresentata come immutabile. La realtà sociale di Levi non prevede, in pittura, riscatti.
Levi riuscirà a far ribollire la materia nelle opere organiche dell’ultimo periodo (i boschi e carrubi di
Alassio dal 1970 in poi, vedi Carrubo (1972) in mostra), ma le realtà contadine, senza storia ed immutabili
nella loro miseria, fanno pensare che l’artista abbia teso a ricreare una sua personale Arcadia, dove la partita
si gioca non tanto fra gli uomini, ma direttamente con la natura, assunta in forme metamorfiche, come
perenne trasmutazione da una forma di vita all’altra, fino ad assumere la forma del parto.
L’evento, inoltre, vuole avere un taglio decisamente didattico.
In particolare il catalogo, curato da Guido Sacerdoti e Loris Dadam, affronta la vicenda artistica
di Levi dal punto di vista della riflessione storica, dei rapporti organici intrattenuti con la cultura del
Novecento, nazionale ed internazionale, dell’evoluzione del linguaggio.
Troviamo inoltre singolare che un artista torinese, radicato in ottant’anni di storia culturale ed
artistica, uscito dalla fucina di capolavori e di talenti che fu lo studio di Casorati, che ha percorso, in modo
originale, strade che collegavano l’Italia ai grandi flussi storici della pittura europea e, sviluppato un suo
personalissimo stile, sia sostanzialmente un isolato nel panorama artistico italiano ed europeo e così poco
presente nella sua città.
Carlo Levi, internazionalmente conosciuto per la sua opera letteraria, malgrado l’impegno profuso
anche in pittura, non ha gli onori delle pagine dei libri di storia dell’arte, in quanto “è una pittura che non si
sa bene come definire e collocare, che non rientra nei canoni del gusto, nella logica delle tendenze, nel
gioco dei gruppi” (De Micheli). Cioè, gli viene imputato quello che è il maggior pregio per un artista:
l’originalità.
(L. D.)

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