venerdì 30 novembre 2012

La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani

Lorenzo Viani (Viareggio 1882 – Ostia 1936)
La peste a Lucca (I lebbrosi)
1913/1915
Olio su tela, cm. 200x400
Collezione privata

Viareggio (LU) - dal 30 novembre 2012 al 30 novembre 2013
La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani

GAMC - GALLERIA D'ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA LORENZO VIANI - PALAZZO DELLE MUSE
Piazza Giuseppe Mazzini 22 (55049)
+39 0584581118 , +39 0584581119 (fax)
gamc@comune.viareggio.lu.it
www.gamc.it


Sono passati 25 anni da quando La peste a Lucca, il capolavori di Lorenzo Viani del 1913 - 15, è stato esposto per l’ultima volta al pubblico. Si era a cavallo tra il 1986 ed il 1987 e il Comune di Viareggio, nel cinquantesimo anno dalla morte dell’artista, organizzò una mostra itinerante, curata da Mario de Micheli, che, oltre alla città natale di Viani, toccò Roma, Milano, Parigi e Firenze. Oggi, nell’ambito delle iniziative per valorizzare l’artista viareggino, al quale l’Amministrazione Comunale ha dedicato la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea che adesso lo ospita, l’opera torna in mostra: venerdì 30 novembre alle ore 18.30 verrà infatti inaugurata, presso la GAMC in palazzo delle Muse, l’esposizione temporanea La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani, che resterà aperta al pubblico dal 1 dicembre 2012 al 30 novembre 2013.
orario: 1 settembre – 30 giugno
dal martedì alla domenica
dalle ore 15.30 alle ore 19.30

dal 1 luglio - 31 agosto
dal martedì alla domenica
dalle ore 18.00 alle ore 23.00
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: Intero € 3 - ridotto € 1,50
Hanno diritto al ridotto: persone oltre i 65 anni di età, disabili, soci Coop, militari e appartenenti alle forze dell'ordine, studenti con esibizione di tesserino.
Gratuito per i ragazzi fino ai 14 anni di età , accompagnatori e guide turistiche Regione Toscana possessori di Edumusei card, membri ICOM

La biglietteria è aperta fino a trenta minuti prima della chiusura
LUNEDÌ CHIUSO
vernissage: 30 novembre 2012. ore 18.30
ufficio stampaDAVIS&FRANCESCHINI
genere: arte moderna e contemporanea, personale

comunicato stampa 
La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani
Viareggio, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Viani
1 dicembre 2012 – 30 novembre 2013

Inaugurazione: venerdì 30 novembre 2012, ore 18.30


Comunicato stampa

Sono passati 25 anni da quando La peste a Lucca, il capolavori di Lorenzo Viani del 1913 - 15, è stato esposto per l’ultima volta al pubblico. Si era a cavallo tra il 1986 ed il 1987 e il Comune di Viareggio, nel cinquantesimo anno dalla morte dell’artista, organizzò una mostra itinerante, curata da Mario de Micheli, che, oltre alla città natale di Viani, toccò Roma, Milano, Parigi e Firenze. Oggi, nell’ambito delle iniziative per valorizzare l’artista viareggino, al quale l’Amministrazione Comunale ha dedicato la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea che adesso lo ospita, l’opera torna in mostra: venerdì 30 novembre alle ore 18.30 verrà infatti inaugurata, presso la GAMC in palazzo delle Muse, l’esposizione temporanea La peste a Lucca. Un capolavoro di Lorenzo Viani, che resterà aperta al pubblico dal 1 dicembre 2012 al 30 novembre 2013.

All’inaugurazione dell’esposizione, realizzata grazie a Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Salov, interverranno Domenico Mannino, Commissario Prefettizio del Comune di Viareggio, Carlo Sisi, Presidente del Museo Marino Marini di Firenze e Alessandra Belluomini Pucci, Direttore della GAMC.

La peste a Lucca, proveniente da una collezione privata, sarà esposta a fianco di due opere coeve e di identico formato, Il Volto Santo (1913-1915) e la Benedizione dei morti del mare (1914), entrambe di proprietà comunale ed esposte alla GAMC, le quali, coralmente, costituiscono il compendio della rappresentazione dedicata al dolente ed epico racconto popolare. Tre tele in cui il popolo è assoluto protagonista, e se La peste a Lucca rievoca il dolore della malattia e della morte, il Volto Santo e la Benedizione dei morti del mare celebrano “le grandi liturgie marinare”, intrise di una forte carica mistico-religiosa dove l’artista vuole sacralizzare, attraverso il rito e i suoi simboli cristologici, non solo il popolo viareggino, ma tutta la massa universale dei diseredati.

Ida Cardellini Signorini, che ha curato il catalogo generale dell’artista nel 1978, ha definito La peste a Lucca, l’opera “più programmatica delle grandi composizioni” di Viani: presenta, nella sua struttura, l’essenzialità e la riduzione pittorica dei legni xilografici, nella ricerca di un sintetismo formale tenebroso e arcaico, raffigura una leggenda medievale connessa al destino dell’emarginazione dei lebbrosi, abbandonati alla morte fuori le mura della città di Lucca, definita dall’artista “la città monastica”.

L’opera, concepita e realizzata secondo un disegno scrupolosamente equilibrato, consiste in una architettura rigorosa caratterizzata da tre gruppi di figure verticali che disegnano le estremità di un triangolo immaginario, nel cui spazio giacciono uomini, donne, bambini, in attesa dell’inesorabile destino; sullo sfondo uno squarcio della città di Lucca, protetta e isolata dalle sue mura. Nel rigore e nella sintesi della costruzione del disegno e del colore Viani riesce a trasmettere la tragicità e il dolore della narrazione, restituendo quindi il forte impatto emozionale del trionfo della morte.

Le analogie di Viani con i Primitivi lo conducono ad un’interpretazione espressiva simile a quella degli artisti del XIII e XIV secolo, diretta alla semplificazione e istintività della forma, alla sintesi della composizione, al solo fine di condurre al massimo la tensione emotiva. Come scrive lui stesso, a proposito dei Primitivi, “Essi, i grandi, si sono compenetrati nei legamenti essenziali della visione, hanno scortecciato dalla luce le cose per vedere di sotto la concatenazione fondamentale degli elementi costruttivi del tutto, ci hanno rilevato delle costruzioni musicali, ci hanno insegnato che sotto il cobalto, il verde, il rosa, il celeste, c’è ferma e potente una cosa architettata e complicata. Solo ai grandi è concesso vedere il lavoro armonico e solido della natura … non pittura ma costruzione. Certi quadri italiani antichi potrebbero servire come modelli per costruire una città”. Con tali criteri l’artista viareggino elabora un pregevole numero di studi preparatori realizzati nel tempo per arrivare alle soluzioni delle grandi composizioni: La peste a Lucca, verosimilmente la prima in ordine cronologico, il Volto Santo, la Benedizione dei morti del mare.

“Non penso che la mia sia arte sociale nel senso gretto della parola - scrive Viani nel 1911, al suo quarto viaggio parigino -, può essere, mi lusingo che sia nel senso vasto della parola solamente. Evito sempre la composizione e la cronaca, da elementi frammentari voglio che l’osservatore ricostruisca in cuor suo il significato animatore dell’opera. Come da macchie di colore discordanti voglio creare un’armonia, considero le cose e i colori schematicamente come pure i sentimenti, seguo diremo così una prospettiva psicologica …”. Dall’esperienza parigina (1908/1911), l’artista trova ulteriori stimoli e confronti venendo a contatto con il mondo dei diseredati della Ruche, visitando musei, mostre, esponendo al Salon, incontrando letterati, filosofi, artisti, potendo conoscere e ammirare le opere di numerosi grandi dell’epoca: Toulouse Lautrec, i Nabis, Van Gogh, Paul Gauguin. Esperienze visive che lo condurranno all’adesione di un espressionismo tutto personale dove la denuncia sociale viene esplicitamente connessa a una condizione reale, aderente alla storia dell’oppressione e dello sfruttamento.

Alle soglie della prima guerra mondiale, Viani si impegna fortemente verso una nuova linea di ricerca, condivisa con l’amico pittore Alberto Magri, orientata al recupero dell’essenzialità dell’arte dei pregiotteschi e dei Primitivi. Il disegno si fa essenziale, crudo, scevro da inutili orpelli, con colori severi adeguati alla drammaticità delle scene riprodotte, come lo stesso artista suggerisce “Dipingi con pochi colori; tieni in grande onore il nero d’avorio, la terra rossa e gialla e verde; avrai così intonazioni sostenute e concrete. … I celesti, bleu, gli smeraldi, gli arancioni, i colori vistosi, sono ingannevoli, parlano della nostra sensualità; il nero colore austero è materia prediletta del costruttore, è forza sostanza delle cose”.


L’opera
Lorenzo Viani (Viareggio 1882 – Ostia 1936)
La peste a Lucca (I lebbrosi)
1913/1915
Olio su tela, cm. 200x400
Collezione privata

Esposizioni: Esposizione personale delle opere del pittore Lorenzo Viani, Milano, Palazzo delle Aste, 30 ottobre - 7 novembre 1915. Lorenzo Viani, Bologna, Teatro Comunale, luglio 1920. La Fiorentina Primaverile, Firenze, 1922. Lorenzo Viani, Viareggio, Galleria Ferretti, 1973. Mostra antologica di Lorenzo Viani, Bologna, Museo Civico, 22 dicembre 1973 - 27 gennaio 1974. Viani vive, Viareggio, Villa Borbone, luglio 1978. Lorenzo Viani, Viareggio, Villa Paolina, 20 novembre 1882 - 20 gennaio 1983. Lorenzo Viani, Roma, Palazzo Braschi, 30 ottobre – 14 dicembre 1986. Lorenzo Viani, Viareggio, Villa Paolina, 23 dicembre 1986 – 22 gennaio 1987. Lorenzo Viani , Milano, Palazzo Reale, 6 febbraio – 5 aprile 1987. Lorenzo Viani, Parigi, Musée-Galerie de la Seita, 23 aprile – 13 giugno 1987. Lorenzo Viani, Firenze, Palazzo Vecchio, 9 agosto – 27 settembre 1987.

L’artista
Lorenzo Viani
Viareggio 1982 – Ostia 1936

"Io sono nato nella Darsena vecchia in Viareggio, la sera di Tutti i Santi del 1882. Sono stato battezzato il giorno seguente, che è quello dei Morti, al fonte battesimale della chiesa di San Francesco”.

Fra gli elementi che concorrono alla formazione artistica, culturale e umana di Lorenzo Viani, indubbia importanza hanno: il quartiere povero della Darsena viareggina fra le cui strade si compie il primo apprendistato sulla “condizione umana”; l’amicizia con Plinio Nomellini (1900 ca.), che cerca di indirizzarne in modo più sistematico l'educazione artistica; l’incontro con Giovanni Fattori, da cui erediterà non solo la sobrietà, l'equilibrio e il rigore ma anche il complesso degli atteggiamenti e delle convinzioni nei confronti dell'arte e dei soggetti; infine la permanenza a Parigi, dove soggiorna a più riprese fra il 1908 e il 1911, fondamentale per il confronto con la cultura europea.
Organizza le prime due mostre personali nel 1904 e nel 1905 presso il Regio Casino di Viareggio e nel 1906 è presente alla Esposizione Milanese; nel 1907 approda alla Biennale di Venezia con alcuni disegni che lo delineano già come “pittore degli oppressi e degli sgalerati”. Da quel momento la partecipazione a importanti rassegne, la fortuna critica e la progressiva celebrità non conoscono pause.
Dal 1922 si dedica alla scrittura sia come opinionista su quotidiani a tiratura nazionale ma anche, soprattutto, come narratore. Darà alle stampe romanzi e raccolte di cui il più celebre rimane Angiò omo d'acqua (1928) da cui è stato tratto anche un film.
Nel 1927 viene inaugurato a Viareggio - pur fra numerose polemiche - il Monumento ai Caduti di cui aveva elaborato il bozzetto insieme a Domenico Rambelli.
Il 2 novembre 1936, giorno successivo al suo 54° compleanno, muore a Ostia stroncato da un collasso cardiaco.


giovedì 29 novembre 2012

Eva Sørensen - Of Memory and Time, Anthological Exhibition

 Eva Sørensen, 14ap8, 2008, inchiostro di china su carta

Torino - dal 29 novembre 2012 al 30 gennaio 2013
Eva Sørensen - Of Memory and Time, Anthological Exhibition

RAFFAELLA DE CHIRICO GALLERIA D'ARTE
Via Vanchiglia 11/a (10124)
+39 01119503550 , +39 3407657893
info@dechiricogalleriadarte.it
www.dechiricogalleriadarte.it


La Raffella De Chirico Arte Contemporanea è lieta di annunciare la personale Antologica, della memoria e del tempo della celebre artista danese Eva Sørensen.
A trent’anni dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1982, la mostra renderà omaggio alla sua carriera ripercorrendone le tappe
orario: Da martedi a sabato 10-12,30 e 15,30-19,00.
Lunedì chiuso. Domenica su appuntamento.
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. h 18.00
curatori: Raffaella De Chirico
autori: Eva Sørensen
genere: arte contemporanea, personale





comunicato stampa 
La Raffella De Chirico Arte Contemporanea è lieta di annunciare la personale Antologica, della memoria e del tempo della celebre artista danese Eva Sørensen.
A trent’anni dalla sua partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1982, la mostra renderà omaggio alla sua carriera ripercorrendone le tappe più significative.
“Le cose più profonde sono quelle che stanno in superficie: difatti sono le più impegnative, ti corrispondono”. Vincenzo Agnetti descrisse in questa breve ed esaustiva frase, il nucleo essenziale dell’operato e della poetica sørensiana.
Ricercatrice instancabile, profondamente ancorata alla terra e ai materiali che meglio potessero rappresentarla, Eva, nata ad Herning (Danimarca) nel 1940, iniziò la sua formazione a Parigi presso l’Accademia privata dello scultore ungherese Laslo Szabo.
Da sempre dimostrò particolare interesse e sintonia verso il nostro Paese: si trasferì in Italia all’inizio degli anni Sessanta frequentando artisti come Piero Manzoni, Enrico Castellani e Lucio Fontana, entrando a far parte di quella storica fucina ligure che riunì i più grandi esponenti delle avanguardie artistiche nazionali e non, attorno ai laboratori di ceramica di Albisola.
Proprio attraverso la lavorazione della ceramica, Eva Sørensen identificò a poco a poco l’obiettivo della sua ricerca, un obiettivo “materiale”, il tentativo di pervenire ad un ideale supporto fisico che potesse essere fine, mezzo e radice di una poetica scultorea e poi disegnativa, intesa come espressione di forze vitali.
La sua sperimentazione spaziò dalla terracotta, al grès, al legno, elementi di cui l’artista sondò possibilità e limiti.
La pietra, si svelò, in ultima analisi, quale meta eppure punto di partenza, luogo prediletto di un’indagine artistica volta a cancellare la secolare antitesi tra arte e natura, spazio fisico capace di elevare muti blocchi di granito, a eterni dententori e narratori della vita nascosta che dorme nelle cose.
Milano la vide protagonista nell’estate del 1978 con un’esposizione delle sue monumentali opere al Parco Sempione. Massi enormi, trasportati dalle Dolomiti, dialogavano con un panorama cittadino e antitetico alla loro primitiva essenza, ma in perfetta sintonia con il lavoro di Eva Sørensen che, levigandone alcune parti e evidenziando con linee profonde o appena accennate l’anima e la pelle proprie della pietra, andava instaurando con il suo intervento, una spontanea convivenza tra cultura e natura, dove forma ideale e forma materiale imparavano a convivere e dove la linea e il movimento fisico che la sottende diventavano espressione estetica della singolare irripetibilità dell’elemento naturale. Ne scaturirono opere in cui si esplicitava un continuo rimando tra forma e materia, tra corporeità gestuale ed emersione, attraverso questa, di una memoria fisica primordiale.
La produzione grafica della Sørensen, si costituisce quasi come preliminare progetto dell’attività scultorea, manifestando però una sua autonomia.
La linea che domina e ordina la rappresentazione porta sulla superficie piana di un foglio, l’invisibile. Scrive le tracce della relazione tra linea grafica e linea minerale sedimentate nella mano dell’artista.
I disegni tridimensionali di Eva Sørensen esplicitano una memoria stratificata in cui il movimento del corpo incontra quello della terra che si disvela nella sua essenza segreta attraverso il mezzo artistico. Sono composizioni ritmiche, stese in una sola seduta, registrazioni del pensiero che comunica attraverso un gesto netto e concentrato. Il disegno, espressione di cultura, si fa portavoce dei dimentichi misteri della natura.
La mostra presenterà l’intera evoluzione e l’inesausta ricerca intrapresa da questa grande artista danese, spaziando da piccole sculture in terracotta sino ad esporre i disegni che parteciparono alla Biennale del 1982, rendendo omaggio all’amore incondizionato con cui Eva Sørensen ha nutrito la propria produzione artistica e alla tenacia, nonché, coerenza di pensiero, con cui ha approfondito la propria eterna e immortale poetica.

ESPOSIZIONI

1961-1962 Viaggio e soggiorno in Italia ad Albisola. Lavora alla ceramica presso Eliseo Salino (Ceramica San Giorgio). Vince il premio al IV Festival della ceramica.

1963, Prima mostra personale alla Galleria Birch, Copenhagen.

1964, Collettiva a Lyngby, Copenhagen.

1967, Collettiva al “Den Frie”, Copenhagen.

Partecipa dal 1968 al 1976 a mostre collettive al Grønningen, Copenhagen.

1968, Personale All’associazione d’Arte, Herning.
Partecipa alla Biennale dei Paesi Scandinavi, Helsinki.

Dal 1969 al 1974 partecipa alla collettiva “AA – mostra”, Aarhus (Danimarca).

1971, Personale nel Kunstindustrimuseet, Gronnegaard (Copenhagen).

1973, Espone in collettiva alla Casa Scandinava, Reykjavik.

1976, Mostra antologica al Museo di Aarhus e Koldinghus ( Danimarca).

1978, Mostra personale al Parco Sempione, a cura del Comune di Milano.
Mostra personale al Museo Ordrupgaard di Copenhagen.

1982, Mostra personale al Padiglione danese della Biennale di Venezia.

2008, le sono dedicate due mostre personali a Domodossola e nella Galleria Antonia Jannone a Milano.

2009, Mostra personale presso la Lakeside Art Gallery di Verbania.

2011, Partecipa alla collettiva “Linea Mentis”, mostra inaugurale per l’apertura della Raffaella De Chirico Arte Contemporanea.


SVEART 2012 – Saint Vincent European Art


Saint-vincent (AO) - dal 29 novembre 2012 al 31 gennaio 2013
SVEART 2012 – Saint Vincent European Art

CENTRO CONGRESSI COMUNALE
Via Martiri Della Libertà 6 (11027)


Un evento nuovo nel panorama dei concorsi e delle biennali d’arte in Europa. SVEART. Il premio “Saint Vincent” per giovani talenti europei, promosso dalla Regione Valle d’Aosta e dal Casinò di Saint Vincent. Segnalati dai direttori delle più importanti accademie europee, 44 giovani artisti, provenienti da 22 paesi dell’Unione Europea saranno i protagonisti di un’esposizione che si terrà a Saint Vincent a partire dal 29 novembre 2012. Una giuria internazionale ne sceglierà 3: i migliori. SVEART. Un’iniziativa unica in Europa. L’arte europea si incontra a Saint-Vincent dal 29 novembre 2012 al 31 gennaio 2013.
orario: Lun.-Merc.-Giov. 15.00 – 20.00 Mar. chiuso Ven. – Sab. – Dom. 15.00 -22.00
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. su invito
catalogo: Elede Editore, Tel. 011.545746
ufficio stampa: Adfarmandchicas, Corso Regina Margherita 87 Via Rossini 25
10124 - Torino  (IT) tel e fax +39 011 3199871 - cell 335 6831591 www.adfarm.it
curatori: Federico FaloppaPaolo Levi
autori: Peter AncicElina AntoniouSamu BenceSimon BervetPauline BetrancourtAline BlancRobert BodnarLúa CoderchChristian DanielewitzDaniel Djamomargarethe DrexelTheresa EipeldauerViola FatyolAntonio Fiorini,Oscar FurbackenVirlani HallbergHelena HassonAlma HeikkiläLinas JusionisSaskia JärveAndrea LaudaAna María MillíanJakub MatuskaNeonilla MedvedevaVáclav MisarDavid MutiloaPetra PetancicIeva PetersoneLucijan PrelogTom RailtonHernani Reis BaptistaJeanette SaettreJannus SammaWojciek SobczykMichal Stonawski,Giuliana StorinoAna TelesSakari TervoEgle Ulcickaite,Menelaos VakhouDaniel WolterJustine Xavier Cochelin,Kristýna Španihelová
patrocini: Regione Autonoma Valle d’Aosta, Casino de la Vallee, InSaintvincent
note: CONFERENZA STAMPA: 25 Settembre 2012 – ore 11.00, Centro Congressi Comunale – Via Martiri della Libertà, 6 Saint-Vincent, Valle d’Aosta
genere: arte contemporanea, collettiva




Anna Seccia - L’opera partecipata. Atto finale

Sinergie di fragmenta 100+1 - acrilico su tavola, 2012

Roma - dal 29 novembre al 12 dicembre 2012
Anna Seccia - L’opera partecipata. Atto finale

AMBASCIATA DELL'EGITTO
Via Delle Terme Di Traiano 13 (00184)
+39 064872302 , +39 064872351 (fax)
uffculturalegiziano@libero.it


L’originale progetto artistico della pittrice pescarese Anna Seccia raggiunge un successo sorprendente. Sinergie di fragmenta 100+1, lavoro realizzato durante l’happening pittorico diretto dall’artista negli spazi del Museo Michetti, a Francavilla al Mare, e poi smembrato in 100 moduli
orario: da lunedì a venerdì dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle17,00, sabato su appuntamento-domenica chiuso
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. ore 18,00
autori: Anna Seccia
genere: arte contemporanea, personale


comunicato stampa 
L’originale progetto artistico della pittrice pescarese Anna Seccia raggiunge un successo sorprendente. Sinergie di fragmenta 100+1, lavoro realizzato durante l’happening pittorico diretto dall’artista negli spazi del Museo Michetti, a Francavilla al Mare, e poi smembrato in 100 moduli, inizia il suo “percorso” di opera d’arte partecipata. 100 collezionisti entreranno attivamente a far parte del progetto.

Durante la recente edizione dell’Artefiera di Padova, la Queen Art Studio ha presentato l’opera ad un colto pubblico spiegando le finalità e la singolarità del progetto evidenziando come ogni modulo di cm 20x20 risulti unico, con un proprio carattere espressivo, ma in relazione alla complessità del dipinto.

Durante l’esposizione ad ArtefieraPadova nel Contemporary Art Talent Show l’opera Sinergie di fragmenta 100+1, è stata richiesta per essere esposta in una prestigiosa Rassegna che si terrà a Roma dal 29 novembre al 12 dicembre 2012 presso la sede dell’Ambasciata Araba d’Egitto.
La rassegna sarà inaugurata dall’Ambasciatore d’Egitto, Roberto Speraci editore, la dott-ssa Nicolina Bianchi critico d’arte e giornalista, la dott.ssa Mara Ferlacci titolare dell’agenzia stampa Ages.

Molte le richieste d’acquisto già pervenute per i 100 moduli, ampio il seguito di appassionati e non che stanno osservando da vicino le “vicende” di tutti i cento frammenti dell’opera.


<>, fa sapere la pittrice, <>.

Nel corso dell’esperimento pittorico che ha dato vita all’opera d’arte collettiva, il pubblico è stato invitato a partecipare ad una creazione senza pianificazione, seguendo la propria spontaneità e abbandonando riferimenti a modelli da seguire. É stato un modo per vivere, attraverso il gioco, i propri talenti, con la gioia del proprio sentire, lasciandosi ispirare dalla sonorità musicale e dall’energia che essa emana. L’artista, maieuta e sciamana ha evidenziato l’anima collettiva del gruppo che lo ha prodotto.

In una recente recensione cosi scrive Genziana Ricci: “Per un artista creare un'opera seguendo il flusso del proprio istinto è una cosa naturale come respirare: dalla sua parte ci sono esperienza, tecnica, retaggio culturale.
Ma concepire un'opera attraverso un happening pittorico nel quale un gruppo di persone vengono invitate a creare senza pianificazione, è tutt'altra questione: è necessario saper guidare le dinamiche relazionali e divenire mezzo di connessione tra le individualità.”

Anna Seccia è nata a Ortona e vive attualmente a Pescara. Nel 1994 ha creato un progetto di arte sociale denominato “La stanza del colore”, legato alla pratica relazionale che parte da una concezione dell’arte come attivazione di processi, che ha caratterizzato tutto il suo modo più recente di fare arte. Ha svolto un’intensa attività espositiva fin dagli anni ‘60 e la sua pittura è stata menzionata nel secondo tomo di “Generazione anni Quaranta”, ( il sesto volume di “Storia dell’Arte Italiana del ‘900” del critico Giorgio Di Genova). Recentemente le sue opere sono state ospitate alla 54° Biennale di Venezia, nel padiglione dedicato all’Abruzzo, curato da Vittorio Sgarbi.



Video della creazione dell'opera su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=OER_0e9HRCY





Titolo: “L’opera partecipata” di Anna Seccia si mostra a Roma!
Artista: Anna Seccia http://www.annaseccia.it/
Luogo: Ambasciata Araba d’Egitto- Roma
Periodo: 29 nov/12 dic 2012
Inaugurazione: 29 novembre
Orario: da lunedì a venerdì dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle17,00, sabato su appuntamento-domenica chiuso.
Uff stampa: Kaleidos: info@artekaleidos.it 3387518834


Shane Guffog - La delicatezza del segno, l'immensità della luce


Napoli - dal 29 novembre 2012 al 6 gennaio 2013
Shane Guffog - La delicatezza del segno, l'immensità della luce

ART1307 - VILLA DI DONATO
Piazza Sant'Eframo Vecchio (80137)
+39 081660216 , +39 081665456 (fax)
info@art1307.com
www.art1307.com


Amico di Ed Ruscha, si è forgiato ad una scuola rivoluzionaria usa il pennello e i colori con totale senso di libertà ma rigore. Ha accettato una sfida: un confronto e una reinterpretazione dell’opera di Leonardo da Vinci “ritratto di Ginevra de’ Benci”.
orario: tutti i giorni su appuntamento
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. ore 18,30/22
catalogo: in galleria. a cura di ART1307
curatori: Cynthia Penna
autori: Shane Guffogg
patrocini: Consolato degli Stati Uniti d'America in Napoli
genere: arte contemporanea, personale





comunicato stampa 
Per la prima volta in Italia una grande retrospettiva delle opere dell’artista californiano Shane Guffog. Una personalità nel mondo dell’arte americana che ha percorso sentieri di pittura non convenzionali.
Per anni assistente e amico personale di Ed Ruscha, si è forgiato ad una scuola del tutto innovativa e “rivoluzionaria” del modo di fare arte eppure è rimasto un autentico artista “classico” che usa il pennello e i colori con totale senso di libertà e nel contempo di rigore.
Da due anni ha accettato una sfida insolita e non facile: un confronto e una reinterpretazione in chiave astratta dell’opera di Leonardo da Vinci “ritratto di Ginevra de’ Benci”; una scelta determinata dalla volontà di cimentarsi con la “luce” e gli spazi di Leonardo e quindi del primo Rinascimento Italiano, rivisitando proprio quella luce e quelle colorazioni con e attraverso l’esperienza tutta Californiana della luce e del colore.
Una mostra da non perdere per l’alto valore simbolico e culturale dell’evento.


Vasco Bendini / Matteo Montani - Così lontani, così vicini


Chieti - dal 29 novembre 2012 al 20 gennaio 2013
Vasco Bendini / Matteo Montani - Così lontani, così vicini

FONDAZIONE CARICHIETI - PALAZZO DE MAYO
Largo Martiri Della Libertà 1 (66100)
+39 0871568206
info@fondazionecarichieti.it
www.fondazionecarichieti.it


Un dialogo fra generazioni sotto il segno dell’arte contemporanea chiude l’operoso 2012 della Fondazione CariChieti, presieduta dal Presidente, Prof. Francesco Sanvitale. A partire dal 30 novembre e fino al 20 gennaio 2013 il S.E.T., lo Spazio Esposizioni Temporanee di Palazzo de’ Mayo a Chieti, ospiterà la mostra intitolata “Vasco Bendini/Matteo Montani. Così lontani, così vicini”, con il dialogo fra due artisti anagraficamente lontani ma vicini per una comune visione originaria, cosmogonica, sorgiva. La mostra, ideata e curata da Gabriele Simongini, presenterà complessivamente più di trenta opere dei due artisti, separati da cinque decenni: proprio nel 2012 Vasco Bendini (classe 1922), riconosciuto dalla critica come uno dei padri dell’informale italiano, ha festeggiato novant’anni, mentre Matteo Montani (classe 1972), artista di spicco fra gli emergenti italiani, ne ha compiuti quaranta.
orario: martedì - venerdì 10,00 - 13,00
sabato - domenica 10,00 - 13,00 / 16,00 - 20,00
Chiuso tutti i lunedì; 25 dicembre; 1 gennaio
Visite guidate su appuntamento
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. h 18
editoreALLEMANDI
ufficio stampaCULTURALIA
curatori: Gabriele Simongini
autori: Vasco BendiniMatteo Montani
note: Conferenza stampa e preview: 29 novembre ore 11
genere: arte contemporanea, doppia personale

comunicato stampa 
Un dialogo fra generazioni sotto il segno dell’arte contemporanea chiude l’operoso 2012 della Fondazione CariChieti, presieduta dal Presidente, Prof. Francesco Sanvitale. A partire dal 30 novembre e fino al 20 gennaio 2013 il S.E.T., lo Spazio Esposizioni Temporanee di Palazzo de’ Mayo a Chieti, ospiterà la mostra intitolata “Vasco Bendini/Matteo Montani. Così lontani, così vicini”, con il dialogo fra due artisti anagraficamente lontani ma vicini per una comune visione originaria, cosmogonica, sorgiva. La mostra, ideata e curata da Gabriele Simongini, presenterà complessivamente 31 opere dei due artisti, separati da cinque decenni: proprio nel 2012 Vasco Bendini (classe 1922), riconosciuto dalla critica come uno dei padri dell’informale italiano, ha festeggiato novant’anni, mentre Matteo Montani (classe 1972), artista di spicco fra gli emergenti italiani, ne ha compiuti quaranta.
L’esposizione ospiterà un’opera storica di Bendini del 1951, due suoi strepitosi oli su alluminio del 1980 ed una serrata scelta di opere degli anni duemila. Montani presenterà tutte opere degli ultimi sette anni (fra cui la spettacolare “Soglia”, dalla base di sei metri) oltre ad un’inedita e coinvolgente “Iridescent room”. E sarà interessante mettere a confronto i dipinti realizzati negli stessi anni da due artisti così lontani anagraficamente ma spesso, pur nelle reciproche differenze, sintonizzati su lunghezze d’onda simili. Come scrive Gabriele Simongini, le opere di Bendini e Montani sono animate da “un soffio vitale che forse è anche pneuma, respiro, aria. E che ci appare come una sorta di principio originario inveratosi in immagini sorgive. Le loro opere, nel complesso, sono forse sismografi, elettrocardiogrammi dell’universo, della natura naturans che racchiude ed innerva anche la loro interiorità. Bendini e Montani, in qualche modo, sono forze della natura ma simili ad un tramonto, all’alba, ad una natura generatrice più che a quella matrigna e distruttiva”.
Sono vicini, Bendini e Montani, anche sotto il segno di un nome storico per l’arte italiana del ‘900, quello dei Sargentini e della galleria L’Attico: se Bendini è stato legato da un lungo sodalizio a Bruno Sargentini, Montani deve molto agli impulsi e agli stimoli ricevuti da Fabio Sargentini, a partire dalla sua personale tenutasi a L’Attico nel 2007. E andando a ritroso nel tempo, esattamente cinque decenni prima, il 25 novembre 1957, Vasco Bendini partecipava alla collettiva che inaugurava a Piazza di Spagna proprio L’Attico di Bruno e del giovanissimo Fabio Sargentini. Insomma, ancora cinquant’anni di vicinanza-lontananza (1957-2007).
Un malinteso senso della novità ad ogni costo domina tuttora molte delle ricerche sostenute dal sistema dell’arte internazionale, fino al punto di disprezzare e seppellire nell’oblio un patrimonio plurisecolare di esperienze che si è trasmesso di generazione in generazione. Proprio per questo è fondamentale sostenere e rafforzare un dialogo fra generazioni anche lontane che spesso si realizza nel modo più convincente attraverso l’arte, come questa mostra intende ribadire.
Il catalogo, edito da Allemandi e curato da Gabriele Simongini, può vantare la presenza di contributi degli stessi artisti, del curatore e del grande gallerista Fabio Sargentini, oltre alle riproduzione delle opere esposte, alle immagini dell’allestimento e alle biografie di Bendini e Montani.

Vasco Bendini
Nato nel 1922, il bolognese Vasco Bendini, dopo aver studiato con Giorgio Morandi e Virgilio Guidi, si impone sulla scena artistica degli anni cinquanta come uno dei maggiori e più originali interpreti del clima Informale. Di grande importanza è stato l’incontro, ancora negli anni cinquanta, con il critico Francesco Arcangeli, col quale intrattiene un lungo sodalizio che attraversa la carriera di entrambi. Innumerevoli le sue mostre personali e le partecipazioni alle maggiori esposizioni nazionali ed internazionali.

Matteo Montani
Classe 1972, diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma, inizia la sua carriera artistica alla fine degli anni Novanta. L’incontro con Fabio Sargentini nel 2005, sancito dalla personale tenuta a L’Attico nel 2007, è un momento fondamentale per il percorso artistico di Montani. Di grande rilievo, nel 2011, la personale “Seelenlandschaft: due regimi dello sguardo” al Museum Am Dom di Wuerzbug, in Germania.

DAVID BOWIE - BERLINO: a new career in a new town

Philippe Auliac, Bowie, 1976

Bologna - dal 29 novembre 2012 al 17 gennaio 2013
DAVID BOWIE - BERLINO: a new career in a new town

ONO ARTE CONTEMPORANEA
Via Santa Margherita 10 (40123)
+39 051262465 , +39 051262465 (fax)
www.onoarte.com


ONO arte celebra la carriera di David Bowie attraverso una retrospettiva che si concerta sulla suo periodo berlinese e sulla vita artistica, culturale e sociale di Berlino stessa a cavallo tra fine anni '70 e primi anni '80.
orario: da martedì a sabato dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 21.30
(possono variare, verificare sempre via telefono)

biglietti: free admittance
vernissage: 29 novembre 2012. ore 18.30
catalogo: in galleria. a cura di Vittoria Mainoldi e Maurizio Guidoni, Auditorium Edizioni, pp. 124, euro 14
autori: Richard AaronPhilippe AuliacJustin De Villeneuve,Ian DicksonMario DonderoBrian DuffyTerry O'NeillJan PerssonMick RockSheila RockBarrie WentzellBaron Wolman
patrocini: Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Consolato Generale di Germania a Milano, Istituto di Cultura Germanica, Cineteca di Bologna, Arci, British Council, BCCI
genere: fotografia, arte contemporanea, collettiva

comunicato stampa 
ONO arte inaugura la mostra “DAVID BOWIE I BERLINO: a new career in a new town” che, attraverso un centinaio di immagini di 15 diversi fotografi di fama internazionale (tra cui Brian Duffy,Sheila Rock, Ian Dickson, Philippe Auliac, Tery O’ Neill), rari video di Milva filmati dalla RAI in giro per le strade della città e le testimonianze dirette dei protagonisti di queste vicende assieme a Bowie, ripercorre gli anni della trilogia berlinese, dal ’76 al ’79. In quegli anni Bowie si trasferì a Berlino, all’epoca quanto mai lacerata dal muro, per un breve ma iper-creativo periodo dal quale nasceranno tre album che cambieranno per sempre la storia della musica: Low, “Heroes” e Lodger.

Gli scatti fotografici, alcuni inediti per l’Italia, documentano i momenti in cui Bowie lavora alla produzione dei dischi in sala di registrazione presso gli studi Hansa by the Wall, assieme a Brian Eno e Tony Visconti, oppure mentre gira per le strade di Berlino assieme a Iggy Pop con il quale si era trasferito nella città del muro. Gli scatti sono tanto più rari quanto più Bowie in quegli anni era in vero e proprio ritiro nel tentativo di ricostruire la sua vita attraverso una nuova ricerca musicale. Bowie era totalmente immerso nella musica, nell’arte delle gallerie a ovest e nei cabaret a est, tutti elementi che sono rappresentati in mostra da materiale documentaristico originale.

Per mettere in luce la straordinarietà del periodo berlinese, la mostra comprende anche una seconda sezione in cui vengo presentati scatti molto più iconici e conosciuti del periodo subito precedente e subito successivo a qui tre fatidici anni. Ecco quindi da un lato le immagini super colorate e quasi pop di Ziggy Stardust e Aladdin Sane, dall’altro quelle di Scary Monsters che già si inoltra negli anni 80 in quel modo visionario e originale che solo David Bowie sapeva.

In mostra sarà anche disponibile il catalogo edito da Auditorium Edizioni, con decine di immagini e tutti i testi che raccontano questo fondamentale periodo per la storia della musica.

LA MOSTRA:
Quando decide di lasciare Los Angeles per tonare in Europa, David Bowie è un musicista di successo mondiale, con alle spalle album che hanno segnato la cultura pop come Hunky Dory, Ziggy Stardust e Aladdin Sane, ma fisicamente e psicologicamente è sull’orlo del collasso.
La vita in California lo sta consumando in un mix di cocaina, magia nera e dieta a base di latte e peperoni; Bowie è magrissimo e i nervi stanno cedendo. La creatività di David Robert Jones, quella che gli ha permesso di anticipare sempre le mode e gli stili, da segni di cedimento nonostante dischi di plastic soul come Diamond Dogs e soprattutto Young Americans gli stiano dando fama, gloria e denaro anche negli Stati Uniti.
In uno dei suoi momenti più cupi, Bowie trova però la forza di salvare se stesso e lo fa inventando qualcosa di completamente nuovo.
Quel qualcosa ha i contorni di due autostrade; la prima è una highway californiana sulla quale Bowie inizia a passare le sue giornate nel tentativo di sfuggire alle sue paure e paranoie. La seconda è un autobahn tedesca sulla quale i tedeschi Kraftwerk stanno scrivendo una pagine significativa della musica contemporanea. Florian Schneider e Ralf Hütter fondano i Kraftwerk nel 1970. Nel 1974, dopo vari esperimenti, iniziano a inserire massicciamente linee ritmiche sintetiche che sono il preludio all’uscita di Autobahn proprio di quell’anno. Il gruppo di Duesseldorf detta non solo i canoni del cosiddetto Krautrock ma sarà ispiratore anche di numerosi altri musicisti che, soprattutto sulle ceneri del punk, utilizzeranno l’elettronica per produrre musica sia su disco che dal vivo: la new wave, soprattutto britannica, che si allontana dalla musica di stampo chitarristico avrebbe trovato il proprio punto di riferimento. Il primo sussultò sarà Station to Station registrato a Los Angeles quando gli amici John Lennon e Elton John lo davano oramai per morto. Il disco verrà definito da Brian Eno stesso una pietra miliare della musica popolare. Bowie in questo episodio indossa la maschera del sottile Duca Bianco ma non gli sarebbe bastata per salvarsi.
Con quel misto di speranza e disperazione guida ininterrottamente per le highway ascoltando Autobahn dei Kraftwerk e sognando di tornare in Europa. Durante il tour di Station to Station incontra anche lo scrittore Christopher Isherwood che della Berlino negli anni ’40 aveva narrato le storie e rimane affascinato dai suoi racconti.
Bowie ha deciso che lascerà gli Stati Uniti per tornare in Europa ma non nella natia Londra, nonostante ci siano già segnali precisi della nuova rivoluzione politica, sociale e culturale che culminerà nella breve ma determinante stagione del punk. Uno come lui avrebbe potuto trovare quella linfa vitale necessaria al cambiamento e alla rottura con i vecchi schemi solo, appunto, nella Berlino di quel preciso momento storico.
Nella ex capitale del Terzo Reich è alla ricerca disperata di qualcosa che lo sottragga alla luce e ai suoni della Los Angeles che si è lasciato alle spalle e lo troverà proprio nella musica algida della band tedesca, nella teatrale decadenza della Berlino di Brecht con i fantasmi del recente passato nazista, nella scuola pittorica espressionista Die Bruecke e nel cinema tedesco di registi come Pabst. Ma Berlino in quegli anni è soprattutto il muro che la taglia in 2 parti: una frontiera che è il punto di frizione tra due i mondi che si fronteggiavano in una guerra fredda come la musica che sarebbe andato a comporre.
Il muro di protezione antifascista, come venne chiamato dalla Propaganda, venne costruito nel 1961 per impedire l’emorragia, soprattutto di professionisti e scienziati, dall’est verso l’ovest. Quando Bowie e Iggy Pop atterrano all’aeroporto di Berlin-Tegel, i Vopos – la volkspolizei della DDR - presidiano dalle torrette di guardia la nuova frontiera tra est e ovest.

Gli studi di registrazione Hansa By The Wall sono così chiamati proprio per la loro vicinanza al muro. Bowie racconta che mentre suonavano vedevano i Vopos con i Kalashnikov puntati verso le vetrate dello studio e questo rendeva tutto più nervoso e urgente. Lo stesso muro diventa anche il set involontario della storia d’amore clandestina di Tony Visconti, produttore di Low e ‘Heroes’, e Antonia Maass la cantante che Bowie, Visconti e Iggy Pop incontrano in un cabaret della Berlino Est durante le loro incursioni notturne alla ricerca delle memorie della Repubblica di Weimar.
I due erano soliti incontrarsi sotto alle torrette di guardia e dalle vetrate degli Hansa Studios Bowie li poteva osservare durante le pause di registrazione; Tony Visconti e Antonia Maass sarebbero diventati, a loro insaputa, i protagonisti di ‘Heroes’. Un amore che sarebbe potuto vivere solo un giorno, perché niente avrebbe potuto tenerli uniti, sembrava una storia degna di essere raccontata e Bowie ci scrisse forse la sua canzone più epica oltre ad una delle più famose e acclamate nella storia della musica popolare.

Le giornate di Bowie trascorrevano lente fatte di un continua ricerca dell’innovazione ed ispirazioni. Berlino era la sua fonte e gli rimandava continui impulsi fatti di arte, musica e teatro. Era solito infatti visitare la Galerie am Mortizplatz, stabile occupato da artisti come Rainr Fetting, Helmut Middendorf o Salomè, che formarono i Neuen Wilden, i neoespessionisti tedeschi. I lunghi pomeriggi erano fatti di bevute in squallidi gay bar come il Neues Ufer o il più celeberrimo Paris Bar, in cui i due rilasciarono una famosa intervista a Rolling Stons da ubriachi marci. La sera erano in giro per i cabaret, con frequenti incursioni a est, e non solo quelli di travestiti; ad attirali fino alle prime luci dell’alba erano con le tipiche canzoni tedesche degli anni ’40 e le memorie decadenti della Repubblica di Weimar.

Brian Eno è un altro dei personaggi fondamentali di questa storia. Come membro dei Roxy Music e poi come produttore si è sempre interessato di nuove tecnologie da applicale alla produzione musicale. Ad un certo punto, tra le prime registrazioni di Low al castello d’Herouville in Francia e agli Hansa by The Wall a Berlino, si ritrova per le mani l’EMS, un sintetizzatore dalle dimensioni ridotte capace di processare i suoni in diretta, con il quale creerà molti dei suoni di chitarra dell’album ‘Heroes’, facendoli sembrare suoni alieni. In questo senso il lavoro di Brian Eno e la produzione di Tony Visconti conferiranno a Low e ‘Heroes’ quella connotazione pionieristica; i due album, pur spingendosi in territori musicali mai esplorati, diventeranno subito dei classici nonostante né Bowie nè Eno in realtà sapevano cosa stessero facendo.
In realtà i suoni di LOW furono testati al Castello d’Herouville quando Bowie e Visconti producono The Idiot, il primo album solista di Iggy Pop. Ma la natura di Low è ben diversa. Il primo lato del disco inizia con uno strumentale, cosa atipica per Bowie, e una serie di canzoni che uniscono ritmiche funky a sonorità più algide. Ma è il secondo lato che spiazza tutti. I pezzi strumentali che lo compongono anticipano l’ambient, la new age e le sonorità della new wave e del post punk elettronico che sarebbe nato da lì a poco sulle ceneri del punk.
‘Heroes’ invece viene registrato e mixato per intero a Berlino dalla stessa squadra. Il disco viene registrato nella sala più grande degli Hansa Studios di Berlino, quella chiamata “Hall By The Wall”. Si tratta di una ex sala da ballo dell’epoca di Weimar che venne poi usata dai nazisti per ricevimenti e feste. La struttura dei 2 dischi è la stessa. Primo lato con pezzi cantati e secondo lato quasi tutto strumentale. Pionieristico, all’avanguardia, senza punti di riferimento, pietra miliare: per Low e ‘Heroes’ i commenti sembrano gli stessi. L’impatto sulla nuova generazione di musicisti post punk fu fondamentale a partire dai Joy Division di Ian Curtis.
C’è però una terza strada sulla quale Bowie si viene a trovare in quel periodo.
Una sera in macchina assieme ad Iggy Pop si ritrovano a girare in tondo nel parcheggio sotterraneo dell’hotel Gerhus dove alloggiavano sfiorando i 160 all’ora. Una parte di loro avrebbe voluto davvero farla finita con quella pagliacciata che era diventata la loro esistenza, dirà Bowie più tardi; ma il caso ha preferito che la benzina finisse proprio quando aveva individuato il pilone contro il quale voleva schiantarsi. Da quell’episodio nasce “Always Crashing In The Same Car”, forse il brano più famoso di Low.
Bowie, per quello che sarà il terzo disco della cosiddetta trilogia di Berlino, se ne è già andato. Lodger viene registrato a Montreaux e mixato a New York nel 1979. Bowie nel 1979 è già altrove. Nel 1980 arriva Scary Monsters con “Ashes to Ashes” e il suo video capolavoro visionario e inquietante con Bowie che sembra già pronto per dettare i canoni estetici e sonori degli anni 80.


Luca Serra - Galerie Carzaniga Basel


1 Dicembre 2012 - 26 Gennaio 2013 

Galerie Carzaniga, Gemsberg 8, CH-4051 Basel  Tel +41 61 264 30 30

INAUGURAZIONE 1 DICEMBRE h 11 - 13

altre informazioni su



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Tel.
(E)    +34 607 725061
(I)     +39 348 2819977







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