sabato 27 febbraio 2010

Una mostra che contiene altre mostre. Al Pac di Milano

IBRIDO. GENETICA DELLE FORME D'ARTE

inaugurazione venerdì 12 marzo | ore 18.30 | a cura di giacinto di pietrantonio e francesco garutti | pac padiglione d'arte contemporanea | milano



Prodotta dal Comune di Milano-Cultura e da MiArt, la mostra, a cura di Giacinto Di Pietrantonio e Francesco Garutti, anima il PAC Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano dal 13 al 31 marzo 2010. Pensata come una mostra che contiene al suo interno altre mostre, Ibrido. Genetica delle forme d'arte è accompagnata da conferenze per proporre riflessioni ed interrogativi, per cercare di capire in che modo arte e vita continueranno ad intrecciarsi, per esplorare e cercare di intercettare, attraverso le opere, il futuro.

Sembra più che mai necessario ed urgente chiederselo ora. Come sta cambiando l'arte in questi ultimi anni? Mentre decisi scossoni dell'economia mondiale mettono in crisi equilibri e gerarchie politiche per decenni inattaccabili e consolidate, mentre il mondo diventa geograficamente sempre più piccolo e sempre più stratificato e complesso, mentre cambia la Natura e aumentano potenzialità, social network, scambi e relazioni, come si sta modificando il sistema dell'arte?

Gli artisti sono sempre i primi ad intercettare i cambiamenti e ad interpretarli nelle loro opere, ma è tutta l'ecologia del panorama culturale contemporaneo ad essere sempre più ibrida: nascono territori espositivi che superano la tradizionale rigidità degli spazi istituzionali, pubblico e privato sono interconnessi; critici, curatori, collezionisti e operatori culturali danno vita a nuove professionalità, sempre più difficili da incasellare; l'editoria cambia forma attraverso il web e i social network. La mostra raccoglie riflessioni e ragionamenti, confronterà opere e racconti diversi, miscelando artisti e pensieri che hanno cambiato e continueranno a cambiare e modificare il modo di raccontare il mondo.

Ibrido non può non partire dai padri storici di tali mutamenti, come Beuys e Pistoletto per le tematiche dell'ecologia ambientale, oppure Paolini per le dinamiche concettuali; e ancora dalla trasformazione degli spazi abitativi tra architettura e design rintracciabile nell'eredità modernista dei gruppi cinetici di artisti transitivi come Getulio Alviani, senza trascurare Alessandro Mendini sul versante della postmodernità e le esperienze radicali di Gianni Pettena. La mostra attraversa le ricerche di artisti delle generazioni successive fino ad arrivare ai nostri giorni, con D.Silver, S.Xhafa, J.Wolfson, O.Breuning, M.Nelson, L.Hempel, T.Rollins, G.Matteucci, G.Kuri, D.Hirst, R.Hamilton, Y.Morimura, A.Garutti, A.Pessoli, R.J.Galindo, V.Carrubba, O.Eliasson, N.Solakov, M.Rubbi, P.Tuttofuoco, K.Smith, M.Nigro, F.Arena, L.Vitone, P.Parreno, R.Tiravanija, Gilbert&George, C.Avery, Vedovamazzei, E.Pong, F.Barocco, M.Merz, M.Cantor, J.Fabre, P.Uklanski, S.Tolone, P.Roccasalva, A.Orozco, F.Gennari, C.Levi, L.Presicce, J.Armleder, O.Kulik, S. Claydon, R.Beretta, M.Cattelan, L.Hempel, R.Cuoghi, C. Höller, M. Cingolani, L.Castro & O. Olafsson.



Ibrido. Genetica delle forme d'arte
Conferenza stampa: venerdì 12 marzo, ore 12.30, PAC
Dal 13 al 31 marzo 2010
PAC Padiglione d'Arte Contemporanea
Via Palestro, 16
Mostra prodotta da: Comune di Milano-Cultura e MiArt
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30-22.30
Informazioni: 02.76020400 - www.comune.milano.it/pac
Ingresso: GRATUITO
Immagine: JEAN FABRE,Omaggio a Jacques Mesrine (Buste II) 2008- cera, granito, metallo 50x60x55cm - courtesy Magazzino, Roma


mercoledì 24 febbraio 2010

Palazzo dei Diamanti dedica la mostra di primavera ad Aimé Maeght

DA BRAQUE A KANDINSKY A CHAGALL. AIMÉ MAEGHT E I SUOI ARTISTI

vernice sabato 27 febbraio | ore 12.00 | a cura di tomàs llorens e boye llorens | palazzo dei diamanti | ferrara



Palazzo dei Diamanti dedica la mostra di primavera ad una figura chiave della scena artistica del secondo Novecento. Amico di maestri come Bonnard, Matisse, Léger, Braque, Chagall, Miró, Calder e Giacometti, Aimé Maeght fu un editore di fama e soprattutto il fondatore a Parigi di una delle gallerie più innovative del secolo, nonché, a Saint-Paul de Vence, della Fondazione Marguerite e Aimé Maeght, un tempio dedicato alla creazione artistica e un crocevia internazionale di pittori, scultori, scrittori, musicisti e intellettuali.
Aimé Maeght promosse l'attività di maestri affermati e contribuì alla nascita di una nuova stagione della loro arte incoraggiandoli a utilizzare, oltre alla pittura, altri linguaggi. Nello stesso tempo si dimostrò attento alle ricerche delle generazioni più giovani, dando prova di saper competere con le gallerie americane protagoniste del rinnovamento artistico del secondo dopoguerra. Inoltre, la sua instancabile attività di editore attrasse grandi personalità del mondo artistico e intellettuale, dal cui confronto nacquero straordinarie creazioni collettive.
Per approfondire la conoscenza di questo affascinante capitolo della vita artistica e culturale del secondo dopoguerra, Ferrara Arte organizza la mostra Da Braque a Kandinsky a Chagall. Aimé Maeght e i suoi artisti, la prima in Italia dedicata alla Galleria Maeght e alle vicende che ne hanno segnato la storia. L'esposizione, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens, è anche l'occasione per studiare un aspetto della storia dell'arte del Novecento fino ad oggi poco indagato ma assolutamente fondamentale: il mercato dell'arte e i suoi principali animatori, i mercanti e i galleristi.
Oltre cento opere, soprattutto dipinti, ma anche sculture, ceramiche, disegni, incisioni, fotografie d'epoca e volumi illustrati delle Edizioni Maeght, permettono di ripercorre il ventennio d'oro che va dall'apertura della galleria parigina nel 1945 all'inaugurazione della Fondazione nel 1964.
La rassegna è suddivisa in sezioni tematiche, legate tra loro dai numeri della rivista Derrière le miroir, le cui uscite accompagnavano ogni esposizione con funzione di catalogo, coniugando creazioni letterarie e litografie originali.
Il tema della prima sezione della mostra è l'amicizia che univa Aimé e la moglie Marguerite ai propri artisti, un legame nutrito anche dalla sensibilità e dall'ospitalità che la donna seppe sempre dimostrare loro. Ne sono testimonianza i ritratti di Marguerite realizzati da Matisse nel 1944 e da Giacometti nel 1961, due icone che ne esaltano l'una il fascino della maturità, l'altra l'autorevolezza dell'età avanzata, nonché il bellissimo dipinto di Bonnard, Fanciulla distesa del 1921, che Marguerite custodiva nella propria camera.
Tramite la figlia di Matisse, Marguerite, nel 1945, Aimé conobbe Braque con il quale nacquero un'amicizia profonda e uno scambio fecondissimo. Il mercante incoraggiò l'artista a riaccostarsi alla litografia e acquistò la sua intera produzione, tra cui i grandi pannelli decorativi con motivi mitologici del 1931 e uno dei celebri Ateliers del 1950-51, considerati uno dei suoi vertici espressivi.
La terza sezione della rassegna è dedicata ad uno degli episodi che fecero più scalpore nella storia della galleria, l'esposizione Le Surréalisme en 1947 organizzata da André Breton e Marcel Duchamp. Vengono riproposti il catalogo con la provocatoria copertina ideata da Duchamp, su cui è applicata una protesi di seno femminile in gomma, e la celebre tela Superstizione - Serpente di Miró, una successione di motivi arcaicizzanti dipinti su una lunga striscia di tessuto.
In quell'occasione Aimé iniziò a collaborare con Giacometti, che, anche grazie alle mostre della Galleria Maeght, divenne una delle figure più rappresentative dell'arte del dopoguerra. I bronzi riuniti nella quarta sezione della rassegna, tra i quali La foresta del 1950 e tre delle celebri Femme de Venise del 1956, sono rivelatori della capacità dell'artista svizzero di trasmettere, con un linguaggio inedito, il senso di precarietà dell'esistenza umana.
Tra i grandi nomi che la Galleria Maeght rappresentò in esclusiva vi era anche Chagall. Aimé fu probabilmente affascinato dalla capacità dell'artista russo di esplorare tecniche diverse per dare forma al proprio mondo poetico: vedute parigine, il pittore con la tavolozza, coppie di amanti, galli fantastici, asini alati, violinisti e fiori provenzali sono i protagonisti delle ceramiche, delle incisioni, delle gouaches e dei dipinti presentati in mostra, tra cui il famoso Sole giallo del 1958.
A differenza della maggior parte delle gallerie dell'epoca, che sostenevano un'unica tendenza artistica, Maeght spaziò dall'arte figurativa a quella astratta, seguendo una propria poetica personale e una ricerca instancabile della qualità. È con questo spirito che in mostra vengono accostate due personalità molto diverse come Kandinsky e Léger: del primo sono presentate sia opere della fase del Bauhaus, inconfondibili nell'astrazione geometrica, sia un dipinto del periodo parigino, Nodo rosso del 1936, giocato sull'armonia di linee e forme fluide; del secondo spicca il trittico Grandi code di comete del 1930, che evoca il movimento del corpo celeste, richiamando tanto la sfera dell'immaginario quanto l'ambito scientifico.
Segue una raffinata sezione dal titolo Bianco e nero, che rende omaggio alla sensibilità di Maeght per le ricerche incentrate sull'economia dei mezzi espressivi. Ne è un esempio emblematico il grande Cespuglio realizzato su carta da Matisse nel 1951, un'immagine ad un tempo semplice e monumentale. Lo affiancano, per analogia, le litografie del più giovane americano Ellsworth Kelly, ispirate al giardino di Saint-Paul de Vence, e una scultura mobile di Calder, In piedi del 1972, in sintonia per forza ed essenzialità con il capolavoro di Matisse.
Calder era, assieme a Miró, uno degli artisti più vicini ad Aimé. Un legame confermato, tra l'altro, dal dono di nozze che lo scultore fece a suo figlio Adrien, il bellissimo Sommacco V del 1953, presentato in mostra assieme ai due singolari uccelli modellati in fil di ferro. L'amicizia con Miró è a sua volta testimoniata dalla tecnica mista Per i 70 anni di Aimé, esposta assieme a gouaches e olii, tra i quali Gioia di una fanciulla davanti al sole del 1960, che rivela il rapporto dell'artista catalano con le ricerche degli espressionisti astratti.
Nel giro di pochi anni la Galleria si era imposta come il principale punto di riferimento delle figure riconosciute come maestri del movimento moderno. Al contempo aveva scelto di rappresentare artisti meno noti, quali Pierre Tal-Coat e Bram van Velde, o talenti emergenti, come Kelly e Chillida, discostandosi ulteriormente, in questo, dall'orientamento prevalente nelle gallerie dell'epoca. Per tale ragione, la mostra propone un affascinante confronto generazionale, accostando opere di Léger e Chillida che trovano una comune fonte d'ispirazione negli elementi naturali: forme organiche per il primo, la terra per l'artista basco.
La rassegna si chiude con un'ampia sezione dedicata alla Fondazione, creata da Aimé e Marguerite in memoria del figlio Bernard morto prematuramente: una sorta di "opera d'arte totale", dove i diversi linguaggi espressivi dialogano tra loro. Una selezione di affascinanti foto storiche racconta la nascita e momenti della vita del complesso, che vide la stretta collaborazione dell'architetto catalano Josep Lluís Sert con Aimé e la sua cerchia di artisti, e le Nuits de la Fondation Maeght, animate dalla partecipazione di grandi nomi della musica e della danza contemporanea, da Duke Ellington a Karlheinz Stockhausen a Merce Cunningham. Accanto alle foto, a ricreare la straordinaria suggestione del luogo, vi sono i bozzetti di alcune delle sculture di Miró che popolano il labirinto da lui realizzato nel giardino, capolavori di Giacometti come Il cane del 1957, Donna in piedi I e Uomo che cammina I del 1960 e la spettacolare scultura mobile di Calder I tre soli gialli del 1965.

La mostra, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens, è organizzata da Ferrara Arte, in collaborazione con le Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, il Comune di Ferrara, la Provincia di Ferrara, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, la Cassa di Risparmio di Ferrara e Parsitalia Real Estate.



DA BRAQUE A KANDINSKY A CHAGALL. AIMÉ MAEGHT E I SUOI ARTISTI
Dal 28 febbraio al 2 giugno 2010
Palazzo dei Diamanti, Ferrara
Orario: aperto tutti i giorni, feriali e festivi, lunedì incluso, dalle 9.00 alle 19.00
Aperto anche Pasqua, Lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno
Ingresso: intero € 10.00, ridotto € 8.00, scuole € 4.00
Catalogo edito da Ferrara Arte Editore con testi di Tomàs Llorens, Boye Llorens e Chiara Vorrasi
Call Center Ferrara Mostre e Musei: tel. 0532.244949, fax 0532.203064
diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it
Ufficio stampa: Studio ESSECI - Sergio Campagnolo, tel. 049.663499
info@studioesseci.net, WS: www.studioesseci.net

I Preraffaelliti tra il Mar di Ravenna e l'Ashmolean Museum di Oxford

I PRERAFFAELLITI E IL SOGNO ITALIANO. DA BEATO ANGELICO A PERUGINO, DA ROSSETTI A BURNE-JONES

inaugurazione sabato 27 febbraio 2010 | ore 18.00 | fino al 6 giugno | mar museo d'arte ravenna | dal 15 settembre la mostra si sposta al the ashmolean museum | oxford


Il progetto di mostra dedicato a I Preraffaelliti e il sogno italiano. Da Beato Angelico a Perugino, da Rossetti a Burne-Jones curato da Colin Harrison, Christopher Newall, Claudio Spadoni e promosso dal Comune di Ravenna, dall'Assessorato alla Cultura, dal Museo d'Arte della città e dall'Ashmolean Museum di Oxford con il generoso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, in programma nelle sale del Mar dal 28 febbraio - 6 giugno 2010, e dal 15 settembre - 5 dicembre 2010 presso l'Ashmolean Museum di Oxford, intende indagare il ruolo artistico e culturale dell'Italia per quel movimento chiamato "Preraffaellita".
Si tratta per altro della prima mostra organizzata in Italia sul movimento nel suo complesso. Nato in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo si impose come risposta all'accademismo ufficiale, per il recupero di un'arte spontanea e ispirata alla natura, identificata con l'arte dei pittori del passato prima di Raffaello, come indica il nome.
La brillantezza dei colori, l'attenzione ai particolari naturali, l'estrema semplicità e l'intensità dell'espressione furono elementi della pittura medievale che affascinarono quel gruppo di giovani artisti inglesi capitanati da William Holman Hunt. L'Italia con la sua arte, il suo paesaggio, la sua letteratura e la sua storia, fu il punto centrale della loro ispirazione: essi cercarono di guidare la riforma della pittura inglese in direzione di soggetti emotivamente sinceri e personali, rifiutando immagini convenzionali legate ad un metodo accademico.
Tra i membri fondatori della Confraternita ci fu Dante Gabriel Rossetti: figlio di un esule italiano, trovò una delle sue principali fonti di ispirazione negli scritti di Dante, e realizzò una magnifica serie di acquerelli e dipinti ad illustrare alcuni episodi chiave della Divina Commedia. Anche Burne-Jones realizzò opere tratte da soggetti legati alla letteratura italiana. Se inizialmente l'arte dei Preraffaelliti fu ispirata all'esempio dell'arte italiana, con riferimento al periodo medievale e pre-rinascimentale, a partire dagli ultimi anni del 1850 l'attenzione si volse anche ai dipinti del sedicesimo secolo e in particolare a quelli veneziani. Dipinti come Dolce Far Niente C2?di Hunt, sono inimmaginabili senza l'esempio del Manierismo, mentre Aurelia (L'Amante di Fazio) di Rossetti è disegnata sul linguaggio del maestro Urbinate. Alla fine il Preraffaellismo mutò in quello che è comunemente chiamato Movimento Estetico: gli scritti di critici come Algernon Swinburne e Walter Pater sul Rinascimento italiano furono un riferimento per i pittori inglesi in cerca di liberare il loro lavoro da prosaici argomenti narrativi. John Ruskin supportò criticamente il gruppo preraffaellita e fu l'ispiratore di un gruppo di artisti che in quel periodo visitò l'Italia con l'intento di studiare attentamente la natura e di documentare l'architettura e le opere d'arte a beneficio del pubblico inglese che mai avrebbe avuto la possibilità di visitare quei luoghi. Un certo numero di pittori e disegnatori lavorarono direttamente per Ruskin, per documentare edifici e dipinti che lo studioso credeva in pericolo o per restauri incauti o per l'incuria del tempo. Tra questi c'erano G.P. Boyce, J.W. Inchbold e J. Brett, poi J.W. Bunney, F. Randall e A. Burgess, che realizzarono disegni per gli studenti di Oxford. La mostra seguirà dunque questi due temi principali: l'interesse da parte dei Preraffaelliti per la letteratura e l'arte italiane, con l'esposizione di importanti capolavori di Beato Angelico, Perugino e altri, e la loro rappresentazione del paesaggio italiano. Il culmine dell'interesse dei Preraffaelliti in Italia si può vedere nei mosaici della Chiesa Americana di Roma, San Paolo dentro le Mura, realizzati da Burne-Jones alla fine del 1880.

La mostra includerà cartoni e disegni preparatori per questo progetto, visti raramente in pubblico. Saranno anche rappresentati lavori di Scuola Etrusca di pittori che seguirono e furono ispirati dal pittore e patriota italiano Giovanni Costa. Artisti che credevano nel diritto all'indipendenza dell'Italia e che espressero la loro ammirazione per il nostro paese con commoventi e panoramiche vedute paesaggistiche.

La mostra è posta sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e gode dei patrocini dell'Ambasciata Britannica, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Ravenna. Il catalogo, con i contributi di Maurizio Isabella, "Rapporti storici e politici tra Italia e Gran B retagna nel XIX secolo"; Martin McLaughlin, "L'interesse per la letteratura italiana nella cultura inglese del XIX secolo"; Claudio Spadoni, "Le ragioni di una mostra"; Colin Harrison, "La riscoperta dei primitivi"; Christopher Newall, "I Preraffaelliti e l'Italia" è edito da Silvana Editoriale



I Preraffaelliti e il sogno italiano. Da Beato Angelico a Perugino, da Rossetti a Burne-Jones
A cura di: Colin Harrison, Christopher Newall, Claudio Spadoni
Conferenza stampa: venerdì 26 febbraio 2010 ore 12.00
Vernice riservata alla stampa: sabato 27 febbraio 2010 dalle 11.00 alle 15.30
Periodo: Ravenna, 28 febbraio - 6 giugno 2010
Oxford, 15 settembre - 5 dicembre 2010
Sedi: Museo d'Arte della città di Ravenna www.museocitta.ra.it
The Ashmolean Museum, University of Oxford
Orari: fino al 31 marzo: lunedì - venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19
dal 1 aprile: lunedì - giovedì 9-19; venerdì 9-21; sabato e domenica 9-19
Ingresso: intero € 8 ridotto € 6 - studenti Accademia e Università, insegnanti 4 euro
Prenotazioni visite guidate: tel. 0544 482487 - promo@museocitta.ra.it
Catalogo: Silvana Editoriale

Istituzioni che hanno aderito al progetto: Aberdeen Art Gallery, Birmingham Art Gallery, Bury Art Gallery & Museum, Cartwright Hall Bradford, Fitzwilliam Museum Cambridge, Girton College Cambridge, Ruskin Foundation, Leeds City Art Gallery, Lady Lever Gallery Liverpool, British Museum London, Government Art Collection London, Guildhall Art Gallery London, Tate Gallery London, Victoria&Albert Museum London, Manchester City Art Gallery, Whitworth Art Gallery Manchester, Sheffield Museum & Art Gallery, Castle Howard Yorkshire, National Gallery of Scotland, Royal Cornwall Truro, Accademia Carrara di Bergamo, Pinacoteca Comunale di Faenza, Galleria d'Arte Moderna Palazzo Pitti Firenze, Civici Musei di San Domenico, Forlì, Opera Primaziale Pisana, Chiesa di San Paolo dentro le Mura Roma, Musei Vaticani e importanti Collezioni private inglesi.
Patrocini: Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, Ambasciata Britannica, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna e Provincia di Ravenna.
Enti organizzatori: Comune di Ravenna - Assessorato alla Cultura, MAR Ravenna e Ashmolean Museum, University of Oxford
Sponsor ufficiale: Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna
Con il sostegno di: Enipower, Coop Adriatica, Camera di Commercio di Ravenna e Cooperativa Muratori & Cementisti, C.M.C di Ravenna
Si ringrazia: Autorità Portuale di Ravenna, IKEA FAMILY Rimini


domenica 21 febbraio 2010

Una grande mostra sull'arte italiana tra Lissone, Milano e Bergamo: Il Grande Gioco

IL GRANDE GIOCO. FORME D'ARTE IN ITALIA 1947-1989

apertura al pubblico dal 24 febbraio 2010 | un progetto a cura di luigi cavadini, bruno corà, giacinto di pietrantonio | sedi varie

Una grande mostra per descrivere e interpretare quarant'anni di storia italiana. Avendo nell'arte il punto focale, inserendo però le espressioni artistiche nel contesto culturale, sociale economico di decenni rivelatisi cruciali per l'Italia: quelli dal 1947 al 1989, dall'immediato dopoguerra alla caduta del muro di Berlino. Sono stati gli anni della ricostruzione dopo una guerra tra le più devastanti, ma anche del celebrato "miracolo italiano", gli anni della contestazione e del terrorismo, gli anni complessi della Guerra fredda. Anni comunque fondamentali anche per capire ciò che è l'Italia di oggi, nell'economia, nella politica e, a suo modo, anche nell'arte.

Per la prima volta in modo organico una grande mostra cerca di fare il punto su quel periodo magmatico, contraddittorio e vivo come pochi, tentando fra l'altro di verificare come nel corso di quei quarant'anni, l'arte abbia influenzato la società.

Emblematico il titolo della rassegna: "Il Grande Gioco. Forme d'arte in Italia 1947 - 1989", dove il "grande gioco" evoca ruoli, richiama esperienze, suggerisce relazioni, ma soprattutto intende sottolineare come il divenire della storia e dell'arte non possano essere affrontate per comparti, ma debba essere letto nelle interazioni e nelle rispettive e reciproche influenze.

Per realizzare una così importante rassegna tre realtà hanno unito gli sforzi: Il Comune di Lissone con il suo Museo d'arte contemporanea, il Comune di Bergamo con la GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea e il Comune di Milano - Cultura, con i suoi spazi della Rotonda di via Besana, strettamente affiancate dall'Assessorato alla Cultura della Regione Lombardia. L'ideazione del progetto e la cura delle mostre sono di Luigi Cavadini, Bruno Corà e Giacinto Di Pietrantonio.

"Il Grande Gioco. Forme d'arte in Italia 1947-1989 - scrivono i curatori - fa il punto sulla ricchezza di ricerche ed esiti conseguiti nel quarantennio corrispondente al periodo ormai universalmente definito della Guerra fredda mediante la sperimentazione di nuovi mezzi e di nuovi territori estetici da parte dell'arte e le relazioni, le confluenze e/o influenze instauratesi in molti casi con architettura, cinema, design, editoria economia/industria, fotografia e fotogiornalismo, società, teatro, televisione.. Si tratta di una trasversalità che recupera, ravvivandola a partire dal secondo dopoguerra, la ricchezza dell'esperienza futurista, che intendeva entrare nei vari campi espressivi e sociali della realtà.
Negli anni dell'immediato dopoguerra gli artisti cercano di riprendere percorsi spesso interrotti dalla loro partecipazione al conflitto o, comunque, di ravvivare la propria ricerca e di dare ad essa una nuova visibilità. Dei due percorsi figurazione-astrazione il filone figurativo, stando agli effetti prodottisi nei decenni successivi al dopoguerra, non sembra avere sbocchi fecondi nella società alla quale peraltro ambiva, mentre la ricerca astratta si va espandendo e ramificando in vari filoni. Proprio su questa "storia" si soffermano le mostre, per la sua diversificata evoluzione, per le conseguenze decisamente ampie che avrà sulla ricerca dei decenni successivi e per le relazioni che si instaurano con i vari aspetti della cultura e della società e dell'economia dell'epoca. Le forme dell'arte e delle neoavanguardie si diffondono nella realtà, diventano vita, anche se la maggior parte delle persone non ha consapevolezza da dove quelle forme provengano".

La mostra si articola sui tre spazi espositivi secondo una successione temporale che assegna al Museo d'arte contemporanea di Lissone le opere degli anni dell'immediato dopoguerra fino al 1958, alla Rotonda di via Besana di Milano le opere del periodo 1959-1972 e alla GAMeC di Bergamo quelle degli anni più recenti, dal 1973 al 1989.

Si annuncia intanto che una formula compendiaria della mostra si terrà a partire dal 3 luglio fino al 26 settembre 2010 presso la sede del Museo d'Arte della città di Lugano.



Il Grande Gioco. Forme d'arte in Italia 1947-1989
Inaugurazioni:
domenica 21 febbraio ore 11,00 Museo d'Arte Contemporanea, Lissone
lunedì 22 febbraio ore 18,30 Rotonda di Via Besana, Milano
martedì 23 febbraio ore 18,30 Gamec (Galleria d'Arte Moderna e Contempornea), Bergamo
Catalogo edito da Silvana Editoriale
www.grandegioco.it
info@ilgrandegioco.it
Prezzi Biglietti:
Intero: 8,00 € singolo / 10.50 € abbonamento 3 sedi
Ridotto *: 6,00 € singolo / 9,00 € abbonamento 3 sedi
Scuole: 3,00 € singolo / 6,00 € abbonamento 3 sedi

Orari di apertura
Museo d'arte contemporanea, Lissone:
Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica
dalle 10 alle 19. Lunedì chiuso. Giovedì dalle 10 alle 23
Rotonda di Via Besana, Milano:
Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica dalle 9.30 alle 19.30. Lunedì dalle 14.30 alle 19.30. Giovedì dalle 9.30 alle 22.30
GAMeC (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea), Bergamo:
Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica dalle 10 alle 19. Lunedì chiuso. Giovedì dalle 10 alle 22
Le biglietterie terminano il servizio un'ora prima della chiusura delle mostre
Biglietteria on-line
I biglietti sono acquistabili on-line su: www.ticket.it e www.ticketone.it
Info-line e prenotazioni singoli e gruppi: tel. 02-54913
(informazioni 24 ore su 24, prenotazioni con operatore dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle 17.00)
Prenotazione e prevendita con carta di credito: tel. 02-54913
(prenotazioni e prevendita con operatore dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle 17.00)

Ufficio Stampa: Studio ESSECI, Tel: 049 663499, info@studioesseci.net
www.studioesseci.net

Produzione e organizzazione:
Solares Fondazione delle Arti
Largo Otto Marzo, 9/a
43100 Parma
Tel: 0521-967088/4803; Fax: 0521-925669, produzione@solaresdellearti.it
www.solaresdellearti.it

Immagine: Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1951 Milano, Fondazione Fontana



lunedì 8 febbraio 2010

Alla Fusion Art Gallery di Torino due mostre personali con Franco Ottavianelli e Luisa Valentini


OTTAVIANELLI E VALENTINI

inaugurazione 12 febbraio | dalle ore 19 alle ore 23 | a cura di giorgio bonomi, edoardo di mauro, walter vallini | galleria fusion art gallery | torino


Franco Ottavianelli
Il tema della personale "Quadrature" di Franco Ottavianelli presso la Fusion Art Gallery si fonda sulla recente ricerca dell'artista romano, basata su una complessa e raffinata speculazione intellettuale attorno ad un tema polisemantico come quello della torre. In un gioco linguistico raffinato, tra alchimismo, enigma ermetico ed improvviso svelamento di sé al mondo Ottavianelli innalza la torre a simbolo esemplare del rapporto dell'uomo con i poli estremi dell'essere, tra cielo ed inferno, ascesi e dannazione come nella Commedia dantesca, nello Ziggurat mesopotamico o nella scala di Giacobbe, o anticipazione dell'umanità globalizzata e satura di comunicazione della torre di Babele. La sostanziale ambiguità etimologica di questo termine, come sottolineato in un testo di Paolo Thea, intitolato opportunamente "Avvitamenti terminologici", fa rinvenire analogie tra torre "tour" ed il verbo "tourner" con conseguente analogia verso il termine Situazionista "detourner" che simboleggiava lo stretto rapporto tra arte ed esistenza quotidiana vista anche come paesaggio urbano e "psicogeografia". Le torri sono ben presenti nell'orizzonte dell'oggi come lo furono in passato con una molteplicità di scopi e di funzioni, sempre mediane tra piano terreno e piano celeste con una proiezione dall'alto verso la base del quadrato magico e triangolare per le torri sufiche dei tarocchi. In questa installazione Franco Ottavianelli si concentrerà sul lavoro svolto con capillari indagini sul territorio ed i suoi segni, predisponendo fogli di carta da incisione calcografica innervate dall'uso di sostanze naturali e chiuse in teche di plexiglas, un'installazione a forma quadrata con specchi ed una torre sufica a base triangolare posta su di un piedistallo.
Edoardo Di Mauro

Luisa Valentini
Uno dei padri dell'arte contemporanea, Piet Mondrian, disse "Un pittore dipinge un albero non perché ha visto un albero, ma perché ha visto alberi dipinti da pittori". Questo per dire che ogni immagine o oggetto prodotto dall'arte ha una sua vita autonoma, legata al suo ambiente (l'arte) e non a quello cui appartiene il rappresentato (realtà fisica, natura).Così quando si vedono opere che non sono astratte ma che raffigurano elementi di realtà, non è giusto parlare di "realismo" o di "naturalismo" o usare altre simili denominazioni. Luisa Valentini pratica la scultura, realizzando elementi dall'aspetto "naturale" o imitativi gli oggetti conosciuti, per esempio i fiori, tra i quali soprattutto la rosa, vestiti od altro ancora, con materiali tipici della scultura contemporanea, dal ferro alle resine, e con una forte carica "concettuale".Il risultato è affascinante perché, da un lato, abbiamo la visione di un qualcosa immediatamente riconoscibile, che in arte è sempre un "pretesto", e, dall'altro, perché l'opera è costruita con i materiali più appropriati e più propri dell'artista, non già con quelli che renderebbero più facile l'imitazione. L'artista stessa dichiara che i suoi oggetti rimandano alla "femminilità", ma anche qui si tratta non dello stereotipo del femminile bensì di una "femminilità" forte che, nella differenza di genere, reclama la sua piena autonomia e afferma la sua sufficienza. Come fa sempre l'arte, quando è tale, anche l'opera di Valentini pone problemi, non li risolve, e dà, alla vista, una piacevole emozione mentre stimola le facoltà razionali alla riflessione.
Giorgio Bonomi



Mostra : personali di Franco Ottavianelli e Luisa Valentini
dal 12 Febbraio al 9 Marzo 2010
Galleria Fusion Art Gallery
Piazza Peyron 9 g Torino
Testi critici di Edoardo Di Mauro e Giorgio Bonomi
Con il patrocinio di Regione Piemonte
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Immagine: "Franco Ottavianelli, Semi e Specchi - indagine sul territorio 25/25", 2007, carta, pigmenti alimentari, plexiglas. 61 x 81 cm

venerdì 5 febbraio 2010

Palazzo Mercuri a Sant'Angelo in Vado

Sant'Angelo in Vado è una delle cittadine più ricche di storia, arte e cultura della Provincia di Pesaro e Urbino, nel territorio dell'Alta Valle del Metauro. Il suo nucleo abitativo più antico è ancora facilmente leggibile in un centro storico ben conservato e nei borghi medioevali al di là delle mura e dei "fossi" d'acqua del tranquillo e generoso Metauro.

Sant'Angelo in Vado è una città che lavora. Negli ultimi decenni si è assistito ad una forte industrializzazione del territorio, specialmente nel settore del tessile e dell'abbigliamento, che vendono in Italia ma che esportano soprattutto verso il Nord Europa.

Sant'Angelo in Vado è anche natura incontaminata, tartufo, boschi secolari e campi arati con bellissimi colori e geometrie che testimoniano la presenza e il lavoro dei vadesi che operano da centinaia d'anni in questo territorio.








Palazzo Mercuri

sec. XIX - Sala centrale con pitture del settecento su tela alle pareti, attribuite al Ragazzini, soffitto in stile liberty-floreale, opera del Cherubini.
Indirizzo: Piazza Umberto I
















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